Monday, August 30, 2010

HUNGTINGTON LAKE





"Amico mio,
torneranno.

su tutta la Terra,
stanno tornando.

Antichi insegnamenti della Terra,
antichi canti della Terra,

stanno tornando.
"
Cavallo Pazzo

HUNTINGTON LAKE

Anna ci ha invitati a trascorrere un fine settimana nella sua "cabin" in montagna. Il viaggio per raggiungere quel lato della Sierra Nevada, tra lo Yosemite e il Giant Sequoia National Park, e' davvero lungo. Sono 5 o 6 ore di macchina, ma ne vale veramente la pena.

Non ho mai amato la carne secca, non ho mai amato mangiare la carne in generale.
Ma un giorno ho letto una frase sul furgone bianco di un Miwok che conosco e diceva qualcosa tipo: Se Dio non avesse voluto che mangiassimo la carne , non ci avrebbe dato gli animali.
Mangiare un animale nello stile dei Nativi Americani e' molto rispettoso. Loro non uccidevano mai un animale per divertimento e mai senza chiedergli perdono.
"Perdonami fratello, ti abbiamo cresciuto con amore, ma ora dobbiamo ucciderti per sfamare la nostra gente. Grazie fratello, perche' con la tua vita dai la vita alla nostra tribu'"
Avevano cura degli animali come fossero al loro pari, come fratelli , anche dopo la loro morte.
Erano spiriti sacri che davano la vita e la pelliccia e spesso monili di una potenza incredibile, come i corni di Bisonte o di Alce, che solo gli Uomini di Medicina potevano toccare.
La carne veniva consumata subito in parte ed in parte messa a seccare in modo da avere da mangiare anche durante i lunghi spostamenti invernali, quando la natura dorme sotto la coperta bianca della neve.

Abbiamo fatto molte soste lungo la strada ed ho accettato di mangiare carne secca.Purtroppo di quella scadente, venduta in stick insaporiti con salse varie o al peperoncino e venduta nei market alle pompe di benzina. Niente a che vedere con la carne secca dei Nativi, ma ho preferito quella agli hamburger colanti grasso e salse colorate.
Il primo morso l'ho dato con il solito mio disgusto per tutto cio' che non e' come natura crea, del resto chissa' cosa c'era dentro..Ma non e' come nei nostri Autogrill, dove trovi anche la piadina con la rucola: in questi negozietti lungo la strada, forse e' lo stick di carne secca la cosa meno dannosa e grassa. Forse!

Siamo partiti che era ancora giorno e siamo arrivati alla baita che il sole era gia' calato.
Per strada ho letto alcune pagine del libro che mi ha tenuto compagnia per tutto questo weekend, un libro che parla della vita di Lame Deer Fire,che mi ha spedito una mia carissima amica per il mio compleanno.
Questo grande uomo di medicina, tra le tante cose, ha detto che per essere dei grandi uomini bisogna essere umili come vermi e saper volare come aquile.
Questo e' quello che io sto facendo della mia vita. Questo e' quello che un giorno insegnero' a mio figlio.

La baita era una grandissima casa, me l'aspettavo grande la meta' di quel che mi sono trovata innanzi.
L'interno sembrava un museo ed in parte lo era, poiche' nel corso degli anni, ogni discendente di chi compro' quella casa, ci ha messo qualcosa che e' rimasto immobile nel tempo.
Non mancavano gli angoli dedicati ai Nativi Americani, che proprio nel lago sottostante al bosco in cui si nasconde l'edificio di legno, andavano a trascorrere le estati quando ancora vivevano in tribu' nomadi.
Giacciono nel lago ancora oggi, le frecce lasciate dalla caccia di molti anni fa.
Le hanno intagliate uomini che sono stati spazzati via da altri uomini.
Nel centro del piccolo paesino di montagna regna un Saloon vecchio stile, su cui aspettavo di trovare ancora la scritta :" VIETATO L'INGRESSO AI CANI E AGLI INDIANI",proprio come hanno scritto i bianchi fino pochi decenni fa.
Almeno questa brutta insegna non c'era, ma non c'era nemmeno un posto titolato a chi ha vissuto in quei luoghi prima di tutti.
Non il nome del lago, non il nome del bosco, non il nome di niente di niente ricordava la tribu'.
C'e' una Riserva poco lontano da li', con un grande Casino' pieno di macchine lussuose e gente che entra ed esce a spendere denaro.Le case che si vedono dalla strada, cioe' quelle degli Indiani, sono ville da migliaia e migliaia di dollari.
Qualcuno pensa che se la passino bene, che siano dei privilegiati...Per me e' solo una triste storia, innanzi alla quale posso giusto aprire la bocca, senza riuscire a dire nulla.
Sbigottimento e male, molto male interiore..le loro tradizioni..loro.
Spazzati via come cenere di legno arso. Reclusi dentro ai soldi di carta che non sanno utilizzare. Reclusi.Se in una villa o in una bettola che cosa cambia?
Reclusi e illusi che i soldi bastino a compensare le loro perdite umane e spirituali.
Si sono arresi alla fine, alla fine hanno deciso di vivere alla maniera dei bianchi.

Il mio cuore e' un cuore che non appartiene al mondo bianco.Il mio cuore e' un cuore Indiano.
Io vivo e sento e lotto ancora per cio' che non dovrebbe appartenere a nessuno.
Nessuno dovrebbe poter dire che quell'albero e' suo, o che quel sasso gli appartiene, ma viviamo sempre più spaventati dietro ai nostri "E' MIO!".
Il giorno dopo l'arrivo sono andata a caccia di frecce.Non ne ho trovata neanche una, ma intorno al luogo da me percepito come sacro, ho trovato qualche scheggia di Ossidiana, che era proprio la pietra con cui in altre zone costruivano le punte delle frecce.
L'Ossidiana non e' solo una pietra tagliente, ma anche molto molto potente a livello energetico.Per questo era un'ottima scelta come materiale utensile. Non e' pero' una pietra reperibile a livello naturale in queste zone, quindi e' presumibile che le tribu' locali la recuperassero da qualche scambio commerciale.

Il luogo sacro per me era la zona del lago in cui si dice che la tribu' si fermasse ogni anno.C'e' una grossa pietra dove sono scavate come tante scodelle; buchi nei quali forse mettevano i semi o cucinavano.
Proprio non lontano da quell'angolo nel bosco ho trovato questi frammenti di Ossidiana.Potrebbero essere punte di frecce sbriciolate , oppure scarti di lavorazione.

Scendendo di poco si raggiunge la riva del lago, dove affondando le mani nella calda sabbia , ho sentito il battito ormai flebile del cuore di Madre Terra.




CAVALLI


L'ultimo giorno abbiamo deciso di ripercorrere quel sentiero , cominciando dai boschi piu' in alto, ma in un modo del tutto orginale, nel senso di "ORIGINI" per quel che concerneva me.
Abbiamo noleggiato dei cavalli per due ore e con l'aiuto di un ranger, abbiamo traversato la montagna riscendendo a valle.
I viottoli scoscesi e i corsi d'acqua, i piccoli burroni con un passaggio tanto stretto da farmi tremare e poi le vallate che si aprivano come raggi di sole carezzevole.
Uno scoiattolo fermo su una roccia ed un picchio con le penne blu, un fiore con lo stelo spesso, capace di spuntare dalla neve anche in inverno ed un altro rosso, chiamato INDIAN PAINTBRUSH (pennello di Indiano)..chissa' se quel colore Rosso vuol indicare il colore sacro del Sud nella ruota di Medicina, o il sangue seminato dalle pallottole degli sterminatori..
In ogni caso tutto sembrava vivere in armonia con la pace del silenzio.

Solo gli zoccoli dei nostri cavalli che attraversavano i corsi d'acqua potevano far volare via qualche uccello, poiche' tutto era perfetto ed indisturbato.

Forse sono stata distante mentalmente dagli altri che vivevano la mia stessa esperienza, ma ero rapita.Rapita da quella forza antica che ogni tanto mi fa allargare le braccia al cielo, con gli occhi chiusi e mi fa sentire ancora come un bambino sulla vetta di un monte sacro, in attesa della sua Visione.
Quel Bambino sono stata probabilmente io, poiche' il suo spirito non cessa di esistere.
E' piu' forte del tempo e sa sempre dove condurmi........................
All my relations...........
.

LA BAITA E IL GRUPPO, UN ALTRO PUNTO DI VISTA.

Ed ora passiamo alla cronaca spicciola della nostra mini vacanza ad Hungtington.
Appena arrivati e sistemati nei nostri posti letto, abbiamo iniziato a mangiare.
Mangiare e bere e' stata la cornice di ogni momento.
In pratica , sembravamo mucche ruminanti e Pek non ha ovviamente perso l'occasione di farsi servire qualsiasi prelibatezza nel Saloon(ad esempio il CAVIALE DEL COWBOY, che e' tutto un dire).
Poi dovremmo citare l'aneddoto della cappa che prende fuoco.
Tutti rilassati davanti al grande camino, sentiamo uno strillìo di allarme.
Non subito ci siamo mossi per capire cosa stesse accadendo alla bella baita che ci ospitava.
Eravamo lì, appollaiati come in un nido, con dei bei bicchieri di vino rosso e qualcuno (me ad esempio) con il libro in mano.
Quando finalmente è scattato "l'allarme dell'allarme" antincendio , la scena si è completamente stravolta passando dal sollazzo al panico.
La mamma di Anna è corsa fuori a spengere con la canna fumaria che emetteva lingue di fuoco , usando la "sistola" come fosse un pompiere.Intanto dentro c'eravamo noi: chi tirava l'acqua sulla legna, chi batteva sul tubo della ciminiera per far cadere giu' i pezzi bruciati e chi(IO) restava lì a guardare perchè non aveva idea di cosa doveva fare.Dopo questo spettacolare evento, ci siamo detti di andare al Saloon per concludere in bellezza la giornata, ma abbiamo reagito alla troppa fatica regalandoci una bella pennichella( bella russata da parte del solito Pek).
Al risveglio è sembrato a tutti necessario mantenere il programma e siamo scesi al Saloon a rinfrescarci un po', ovviamente senza freni come al solito.La sete (specie dei piu' coraggiosi temerari) era insaziabile.Il tutto condito da un bel doppio di patatine con salse e Jalapeno fritti, ripieni di formaggio ed accompagnati da salsa ranch e una marmellatina di amarena.
A quel punto eravamo pronti per andare ad accendere un nuovo fuoco, stavolta fuori, dove abbiamo messo a grigliare pezzi di carne e verdure.
Ad ogni colazione ci siamo trattati alla francese-americana, con pancake e frittatine ed un sacchettone di pistacchi se n'è andato via nel giro di un paio di giorni.
Il tutto senza risentirne a livello intestinale da parte degli assidui pescatori di pistacchi, che se ne servivano manciate ad ogni antipasto.E concludendo dovrei dire che mentre io ero intenta a lavare i piatti, Pek da dietro mi picchiava nelle gambe con uno strofinaccio.

*
HO INSERITO A POSTERIORI QUESTA NOTA, PERCHE' PEK CI TENEVA TANTO.^__^


Saturday, August 7, 2010

VACANZE TOSCANE


TORNARE...
In luglio sono tornata a casa per una vacanza.Mi domandavo quante persone si ricordassero ancora di me, poiche' nonostante i vari networks capaci di mantenere vivi i rapporti, i contatti da mesi andavano diminuendo. Da lontano anche il ricevere una piccola mail ogni tanto mi è d'aiuto nei momenti difficili.
Del resto, specialmente nei primi mesi, mi sentivo come un pesce fuor d'acqua che nel frattempo ha paura del mare, perche' se da una parte avevo trovato il coraggio di fare una scelta drastica, dall'altro mi spaventava la serie di prove da superare in un pianeta totalmente differente dal mio.
So di avere un piede in una vita lontana solo fisicamente e l'altro piede posato in una realtà ancora pressoché anonima. Non è facile da sopportare a livello psicologico, ma mi sento spronata ogni giorno a tirare fuori energie fino ad ora inutilizzate, come lo spirito di adattamento e l' istinto di sopravvivenza.
Mi sento ancora come un libro bianco su cui devo riscrivere il mio "IO" , ma ho anche l'occasione per migliorarmi, magari modificando alcuni miei atteggiamenti sulla base delle esperienze precedenti.
Sapevo che nella vacanza Toscana avrei dovuto reindossare i miei abiti sociali portati per una vita, ricalzando l'identita' costruita in 32 anni; l'idea di essere riconosciuta mi rendeva felice, ma la consapevolezza dell'essere inevitabilmente cambiata mi intimidiva. La paura era proprio quella di non essere riconosciuta.
Affrontare la Regione lasciata 7 mesi prima mi incuteva eccitamento e timore allo stesso tempo.
Avrei potuto trovare folle intere ad attendermi o il vuoto, perchè quando uno se ne va lascia comunque sempre un vuoto e non si sa mai , per chi resta, se rimanga piu' impresso l'eco dell'ultimo saluto o la pienezza dei momenti vissuti insieme.
Riabbracciare per primi in aeroporto Babbo, Mamma, Zia e quattro miei carissimi amici e' stato come un momento di ossigeno dopo una lunga apnea.
Una volta arrivata a casa, ho riacceso il mio cellulare col numero italiano ed in men che non si dica ha ripreso a squillare.
Amici e parenti stavano in attesa di sapere se fossi arrivata a destinazione.
Ho subito capito che la prova era stata superata anche stavolta.Le persone che desideravano vedermi si stavano gia' organizzando per incontrarmi, erano tantissime al punto che ho dovuto usare un piccolo calendario dove appuntarmi gli impegni presi tra "mattina" ,"pomeriggio"e "sera".Nel giro di due giornate avevo gia' occupato i 29 giorni a mia disposizione.
Contro ogni aspettiva di rilassamento, mi sono ritrovata in un vortice divertente di abbracci, baci, risate, impegni a non finire, sempre circondata da persone piacevoli.
Alle vecchie conoscenze se ne sono aggiunte di nuove, allargando così la già numerosa schiera di amici.
Nonostante gli sforzi fatti, non sono riuscita ad accontentare le esigenze di tutti , perchè il tempo a mia disposizione aveva comunque una scadenza e tutto questo mare di visite nella casa dei miei genitori o nei luoghi d'incontro, era in crescendo.
Tante volte ho pensato che nella mia vita in Italia non mi ero resa conto di avere così tante persone intorno, forse perchè erano spalmate nel tempo e nello spazio, mentre in questa vacanza si sono concentrate in soli 29 giorni.Se saltava un appuntamento con una persona mi era impossibile rifissarlo, perchè subito si inseriva qualcun altro.In questo modo forse sarò risultata antipatica a qualcuno, ma non sono riuscita a gestire le situazioni meglio di come ho fatto.
Il fuso orario mi ha attanagliata nel letto per la prima settimana, svegliandomi come un grillo durante la notte, il senso di confusione iniziale mi impediva di esprimere al massimo le mie emozioni, tanto da rendermi nervosa ed irascibile.
Forse la prossima volta cercherò di prenderla con meno ansia di vedere tutti, dedicandomi anche qualche giornata di alienamento sulla spiaggia.
La spiaggia e il mare non li ho gustati , ad eccezione di una meravigliosa cena al tramonto con una coppia di amici che amo e che sono di una dolcezza infinita.
Nelle mie valigie avevo piccoli pensierini presi in qualche mercatino o negozio di souvenir, da consegnare agli amici, ma riguardandoli mi sembravano solo imbarazzanti e stupidi.
Dico "imbarazzanti" perchè mi ritengo incapace di fare regali materiali e a posteriori guardavo quella montagna di piccoli oggetti , chiedendomi se realmente fossero apprezzabili.
Sono una che preferisce lasciare abbracci e baci e il senso della pelle , come ricordo..Ma prima di partire avevo provato l'imbarazzo contrario, come se il non portare niente fosse maleducato.
Altra preoccupazione(stavolta seria) era l'impatto con la vita reale dei miei genitori:
non abbiamo mai vissuto troppo lontani e drasticamente ci siamo separati nel giro di un paio di mesi a causa di una mia scelta personale. Per fortuna i ritmi e le abitudini familiari sono riprese naturalmente ; segno del fatto che l'equilibrio che sembra e' invece reale.
Ho testato che non c'e' alcun dramma familiare e ora so che se la sanno cavare bene anche se io sto dall'altra parte del mondo, questo mi ha alleggerita.
Non e' stato indolore salutarci di nuovo.Di questo ne sono comunque sicura.

Ringrazio tutti coloro che ho incontrato , coloro che hanno fatto km e km per vedermi, coloro che avrebbero voluto incontrarmi e mi scuso con tutti coloro che non sono riuscita a vedere per mancanza di tempo.

IL VIAGGIO DI RITORNO
In quel Giovedi' le condizioni meteo erano pessime, il cielo plumbeo ci ha sovrastati senza esplodere da Cecina a Pisa.
Appena mi ero svegliata avevo sentito che qualcosa sarebbe andato storto..Le mie solite sensazioni da sensitiva a cui non voglio mai credere.
Appena parcheggiata la macchina nel piazzale antestante l'aeroporto, e' scoppiato un diluvio universale.
L'aeroporto era in Tilt, i voli venivano cancellati l'uno dopo l'altro ed io stavo aspettando la ragazza con cui avrei volato fino a San Franscisco, con un'ansia crescente e devastante.
Lei era ancora in macchina con il suo bambino, incapaci di uscire a causa dei violenti scrosci d'acqua.
Io ero completamente "zuppa" ed avevo camminato dalla macchina al bagno dell'aeroporto (dove mi sono lavata i piedi e rimessa le scarpe) con le scarpe in mano e i l'orlo dei calzoni tirato su. Ad un certo punto hanno iniziato ad annunciare i ritardi per i fortunati aerei destinati comunque al decollo.
Il nostro aveva un iniziale ritardo di un'ora che poi sarebbero diventate tre.
Non ho capito bene perche' ci hanno illuse di partire aprendo il ceck-in , per poi farci stare stipate come bestie nella sala d'aspetto del gate.
Sarebbe stato di gran lunga piu' umano lasciarci coi nostri cari dall'altra parte.Attendere per attendere, tanto valeva lasciarci a nostro agio!
In una piccola area eravamo tantissime persone, lo spazio per unita' era quello del proprio sedere appoggiato in terra.
Quando finalmente siamo riusciti a salire sull'aereo per NY avevamo gia' capito di aver perso la coincidenza.
Infatti così è andata.All'aeroporto di NY ci hanno assegnato un altro volo ed una camera d'albergo, ma abbiamo dovuto ritirare tutti i bagagli e farsi un pezzo a piedi ed un altro in navetta, per raggiungere l'Hotel.
Io e Francesca eravamo cariche come somari, il bambino era stanco , ma continuava ad avere le energie che a noi adulte stavano venendo meno.
La doccia e le 5 ore di sonno di cui abbiamo potuto godere una volta giunte al JFK Hotel, sono state rigeneranti e necessarie.
All'alba successiva eravamo di nuovo in viaggio coi bagagli e le braccia doloranti.
Quando mi sono di nuovo potuta sedere sull'aereo che mi avrebbe portata dritta nelle braccia di Roberto , mi sono dimenticata di tutta l'odissea appena trascorsa.
Riabbracciarlo nel giorno del suo compleanno e' stato semplicemente divino.